Diario, news, storie da Cozzagrande

E' possibile che da qualche parte del mondo esista un luogo, una contrada che si chiami Cozzagrande. Qui è un luogo immaginario abitato dalle "cozze". Una cosa hanno queste di speciale che le distingue da tutti gli altri: è l'ostinazione eroica, oppure ottusa, dipende dai punti di vista, con cui si attaccano da qualche parte. Avranno pure tante altre qualità e difetti, come tutti. Ma uno riconosce una cozza perchè non si stacca più: sarà un luogo, una poltrona e perfino una sedia traballante.
Qui si racconta della cozza che è in ognuno.
E di una qualsiasi comunità o gruppo.
Quello che segue è un insieme di pagine di diario, di news, racconti, immagini della comunità di Cozzagrande. Seguendo la numerazione si ricompone il filo storico degli eventi. Ma non è necessario attaccarsi a quest'ordine per confondersi le idee.
Ogni riferimento a fatti e persone è puramente casuale.

25/11/08

Fuoc’Amico sferra un violento attacco e colpisce se stesso ignaro. Perché Red Loop partecipa all’attacco. Pazz’Esco annuncia il 3percento.

Fuoc’Amico non avrebbe mai potuto immaginare quello che sarebbe successo di lì a poco, mentre occupava con compiaciuta soddisfazione il posto riservato al cozzaro capo attorno al nuovissimo tavolo per le riunioni del Gran Giurì di Cozzagrande, opera della Cozza-del-Pert.
L’ordine del giorno della riunione era come al solito molto corto, dal momento che i membri del Gran Giurì si erano mostrati refrattari al piano di aumento della propria produttività: non sembrava congruo prendere troppe decisioni con un solo gettone di presenza. Così si chiama, per chi non lo sapesse, il compenso che viene dato per ciascuna presenza alle riunioni. Un solo tema importante poteva bastare. Poi, tutta la libertà e il tempo per qualsiasi altra chiacchiera.
Quella volta Fuoc’Amico doveva illustrare il suo piano per portare Cozzagrande al livello dei grandi mercati internazionali. Si era preparato con la sua consueta accuratezza. Infatti, era riuscito a farlo in una sola tesa di scale da venti gradini. Giusto mentre li saliva di corsa per raggiungere la sede della riunione. Giusto il tempo che gli era necessario per fare l’analisi approfondita delle quaranta pagine del documento preparato dalle 35 cozze del suo gruppo di esperti in tutto. E’ quello che i grandi esperti di organizzazione chiamano il “just in time”, e che vuol dire che si fa una cosa giusto per quando serve.
Per questo, non aveva neanche finito di raccontare in due parole il suo piano di salvataggio di Cozzagrande soffermandosi soltanto sulle più recondite implicazioni cabalistiche di alcuni numeri, che già aveva archiviato mentalmente la questione e pregustava il prossimo successo personale. Si può capire, quindi, il legittimo disappunto di Fuoc’Amico alla richiesta di chiarimenti da parte di uno dei cozzari. E poi di un altro e di un altro ancora. Sembrava una gara a chi trovasse il difetto più grosso. Fuoc’Amico non sopportava di essere contraddetto né di essere minimamente criticato. Piuttosto, utilizzando la sua solita tattica vincente, si era subito messo a capo della protesta montante dei cozzari, superandoli addirittura nelle critiche al piano di salvataggio di Cozzagrande. Red Loop per compiacerlo lo aveva affiancato, dandoci dentro finanche con una delle sue performance di autolevitazione. Alla fine Fuoc’Amico vinse quella che era ormai diventata la sua battaglia, imponendo la bocciatura dello sciagurato piano. Ci aveva messo tanta foga che non si era assolutamente reso conto che aveva combattuto e vinto contro se stesso.
Quando incominciò a balenargli qualche dubbio, fu Red Loop a consolarlo: “Lo dice il tuo nome stesso, che – spiegò convinto - deve essere uno di quei nomi di persona che sono stranamente in relazione con il lavoro che fa chi li porta, e che si chiamano “attronimi”. Se il fuoco amico colpisce per definizione gli amici, non bisogna meravigliarci se, al culmine della mission che il tuo nome Fuoc’Amico evoca, finisci con il colpire il primo oggetto della tua amicizia. Cioè te stesso”. Ma questa storia dell’attronimo aveva messo ancor più di malumore Fuoc’Amico.
“Mentre voi discutevate”, si inserì Pazz’Esco, senza far caso al disappunto generale,“io ho già realizzatro il tre percento”. Anche quella volta nessuno aveva avuto voglia di chiedergli di cosa.

Fuoc’Amico pretende il tavolo rettangolare con un solo lato corto. L’ottiene e si meraviglia lui stesso. Il genio della Cozza-del-Pert.

“Le soluzioni geniali sono già tutte davanti ai nostri occhi, ma solo per chi volesse vederle!”, ammoniva provocatoriamente la Cozza-del-Pert ogni volta che la si importunava con un problema da risolvere. E il tavolo rettangolare con un solo lato corto da lui progettato per le riunioni del Gran Giurì dei Cozzari era lì a ricordarlo a tutte le cozze di Cozzagrande. Tutto era nato dalle pretese di Fuoc’Amico, che mal sopportava di dover confondere la sua autorità con chicchessia. Per questo odiava i tavoli rotondi dove non si capiva mai chi fosse quello più importante. Né aveva capito come facesse il famoso re Artù a distinguersi pur accomodandosi attorno ad una tavola rotonda con i suoi cavalieri, mentre sempre cantavano allegri:
« Chevaliers de la table ronde,
Goûtons voir si le vin est bon.
Goûtons voir, oui oui oui,
Goûtons voir, non non non,
Goûtons voir si le vin est bon. ... »

Di quella epopea i Cozzari avevano ripreso solo questa gloriosa tradizione.
Fuoc’Amico privilegiava, invece, i tavoli rettangolari dove andava subito ad occupare uno dei lati corti. Quello destinato per convenzione al capotavola. Il guaio era che rimaneva sempre un altro lato corto, dove si andava a sedere o Red Loop, e passi, che era un cozzaro anche lui, oppure Pazz’Esco, che invece non lo era. Come avrebbero mai fatto, le cozze, a capire da quale lato stava chi comandava?

Pretese, anche con promesse e velate minacce, che gli si trovasse una soluzione. E finalmente da un certo giorno in poi, Fuoc’Amico potè sedersi al tavolo a cui la Cozza-del-Pert era riuscita ad eliminare l’altro lato corto per impedire che altri potessero occupare quella postazione irriverente che poteva confondere le idee a tutti.
Fuoc’Amico ne era fiero. Nessun’altro a Cozzagrande e altrove possedeva un tavolo rettangolare con un solo lato corto per sedersi, e tutti erano curiosi di ammirare questo rompicapo della geometria euclidea. E tutto grazie ad una soluzione geniale trovata dalla Cozza-del-Pert.

Prima di lui non v’era riuscito neanche Red Loop, che dopo molti ragionamenti circolari aveva fatto chiamare il miglior falegname di Cozzagrande, che era sempre la Cozza-del-Pert, per far tagliare l’altro lato corto. Ma dopo ogni taglio il lato corto si riformava come d’incanto, sostituendo quello di prima. Quando, poi, taglia e ritaglia, il lato corto finì col diventare più lungo del lato lungo, Red Loop intuì che ora c’era il rischio che un “quisque de populo”, cioè uno qualsiasi del popolo delle cozze che si fosse seduto sul lato lungo, oramai diventato più corto, sarebbe potuto apparire come il più importante dei commensali, pardon, dei membri del Gran Giurì in riunione.
Red Loop non si perse d’animo, ed ordinò di tagliare una fetta anche dal lato lungo.

Ma così facendo, alla fine rimasero soltanto le sedie a ricordare con la loro disposizione che lì al centro del rettangolo che formavano doveva esserci stato un tavolo rettangolare a due lati lunghi e due corti, come è naturale che sia.
Allora, dopo aver zittito le cozze di passaggio che nel frattempo si contendevano gli sfridi del tavolo, che Pazz’Esco distribuiva dal 3percento in su, Red Loop si fermò a riflettere. Fu così che concepì un tavolo triangolare, naturalmente un triangolo isoscele acutangolo, quello che ha due lati lunghi ed uno certamente più corto. Ma dopo una sola riunione fu bocciato: Fuoc’Amico non sopportava l’effetto che ne sortiva dei cozzari che sembravano attacarlo contemporaneamente di fronte e da due lati. Furono scartate altre ipotesi da fonti estranee che parlavano di lati arrotondati.
Alla fine si era tornati al tavolo rettangolare comprato di nuovo. Fuoc’Amico, un po’ seccato, espresse tuttavia a Red Loop, mettendolo a verbale, apprezzamento per la genialità e l’impegno profuso, come si usa fare in queste circostanze. Ma si capiva bene cosa invece stesse pensando. Poi fece chiamare irritato la Cozza-del-Pert facendogli notare le condizioni in cui il Gran Giurì doveva lavorare, tra segatura, pezzetti di legno, schizzi geometrici, e per di più col sottofondo di Pazz’Esco che esagitato batteva l’asta per l’assegnazione degli sfridi.

Sul volto della Cozza-del-Pert si lesse un’espressione di commiserazione, ma poi fece sgombrare la stanza da oggetti estranei e cozze. Queste ultime si misero dietro le quinte a spiare e i più fortunati poterono assistere alla scena della trasformazione.

Videro che la Cozza-del-Pert, invero un po’ scocciata, si era seduta a fumare una sigaretta di spalle al cartello “Vietato fumare”, di modo che non potesse vederlo e quindi nell’impossibilità di contravvenirlo. Terminata che fu la sigaretta, con fare pensoso, si alzò e avvicinatosi al lato corto del tavolo dov’era stato seduto Fuoc’Amico, lo spinse con un gesto vigoroso ed elegante – doveva essersi accorto di essere osservato – fino a far appoggiare l’altro lato corto contro il muro, creando continuità tra lato del tavolo e parete ed eliminando ogni possibilità per qualsiasi cozzaro o cozza di sedersi su quella postazione. Aveva eliminato la funzione del secondo lato corto.
Le cozze e i cozzari di Cozzagrande non resistettero dietro le quinte ed esplosero in un “ohoooo…”. Fuoc’Amico fece “waw” due volte. Red Loop disse che l’aveva pensato anche lui ma se l’era scordato.
Tutti si congratularono con la Cozza-del-Pert. Ma Pazz’Esco, invidioso, già pensava di sfondare la parete da quel lato con la scusa di dover proiettare le diapositive con i grafici a 3D, cioè a tre dimensioni.
Tutto faceva presagire che la storia non sarebbe finita lì.

23/10/08

Il Gran Giurì traballa, caracolla ed è soccorso da Pazz’Esco. Il retailing dell’inesistente. Un caso non perseguibile di vilipendio alla ragione.

Riunitosi in gran segreto, il Gran Giurì di Cozzagrande era molto nervoso per la figuraccia che stava facendo. Le cozze si autogovernavano. Nella angusta stanza dei bottoni Pazz’Esco continuava a pigiarli a caso e l’unico effetto che otteneva era che passava da un piano all’altro e c’era gente che entrava ed usciva come se avesse avuto un posto da dove venire e uno dove andare. Pazz’Esco provava anche a proporre incarichi a questo e a quella, ma quelli stavano un po’ e appena si riapriva la porta se ne andavano il più in fretta possibile.


Nessuna delle cozze di Cozzagrande aveva la forza di convincerlo che fin quando fosse rimasto chiuso nell’ascensore, quei bottoni non gli avrebbero consentito altro che di andare da un piano all’altro.
A Cozzagrande di Là sia di Sopra sia di Sotto serpeggiava il malumore perché si temeva sul futuro della comunità. Giungeva notizia che a Cozzagrande Vecchia i lavori di consolidamento della rocca su cui poggiavano le case era quasi terminato e già altre specie di cozze vi si stavano attaccando. Ma nessuno del giurì se ne curava. E, come non bastasse, tutte le cozze ormai avevano capito che Pazz’Esco per via delle sue alte protezioni aveva trovato il modo di mettere a squadra tutto il Gran Giurì, che proprio per rompere questo clima di sfacelo si era riunito determinato a recuperare la faccia. E non potendosela prendere con Pazz’Esco, non gli rimaneva che prendersela con le cozze comuni. Così il Gran Giurì prese tre decisioni. Primo, far finta di dare volontariamente piena fiducia a Pazz’Esco, altrimenti tutti avrebbero potuto pensare quello che era già stato pensato da tutti, e cioè che essi erano ormai, ciascuno e nell’insieme, suoi ostaggi. Secondo, creare divisioni tra le cozze per farle litigare tra loro e indebolirne la resistenza al ribaltamento. Terzo, annunciare un grande piano di ribaltamento basato su un nuovo misterioso business.
Fu così che il Gran Giurì invitò Pazz’Esco, che non se lo fece ripetere la seconda volta, ad illustrare finalmente il suo sfavillante piano. Le linee del trend salivano, salivano e non c’era più spazio per farle andare oltre, a meno che non si fosse fittato anche l’appartamento del piano di sopra. Quest’ultima questione fu rinviata. L’effetto trend crescente era tanto più strabiliante quanto più sfuggiva di quale fenomeno si volesse illustrare l’andamento. Pazz’Esco, comunque, convinse tutti che bastava il 30 percento. Non volle rivelare di più. Il Gran Giurì tirò un sospiro di sollievo e scoppiò in un applauso liberatorio. Adesso avevano un piano strategico, finalmente. Lo approvarono riservandosi di capirlo in seguito, dopo che fosse stato scritto in bella copia.
Quanto al secondo punto, il Gran Giurì si limitò a costituire una commissione segreta che avrebbe fatto un piano segreto che sarebbe stato attuato senza che nessuno se ne accorgesse.
Il terzo punto fu il più difficile da affrontare. Ma fu ancora una volta la genialità di Pazz’Esco a salvare tutti: lanciò la strabiliante business-idea di puntare tutto sul retailing dell’inesistente imponderabile. Tradotto a spanne, il commercio al minuto del niente. Fuoc’Amico ostentò gioconda soddisfazione, mentre incassava quest’altro affronto. Avrebbe voluto essere lui il salvatore di Cozzagrande. Ma si dovette accontentare di annunciare che stava finalmente riportando l’ordine a Cozzagrande e che si arrangiassero le cozze di lungo e di medio corso se rimanevano inconsolabilmente scettiche. Va però precisato che il fatto che Fuoc’Amico e i cozzari del giurì e la loro cozza di fiducia mostrassero di credere davvero alle loro stesse parole, li esonerava tutti dall'andare al cospetto del tribunale della ragione.
Perché si ha vilipendio perseguibile soltanto quando fosse dimostrato un barlume di raziocinio. E qui, manco col microscopio elettronico a scansione se ne poté trovare. Tutto questo, però, non lasciava affatto tranquille le cozze di Cozzagrande.

25/10/07

70- Red Loop fa una visita a Grande Sughero, che gli rivela il suo segreto. Storia di una cozza mutante. L’energia del pensiero poroso. Fragranze.

Grande Sughero se ne stava come al solito per conto suo galleggiando a mezz’aria alla deriva nei suoi domini da dove poteva osservare tutto, anche la comunità di Cozzagrande.

Un giorno Red Loop volle andare ad incontrarlo. Rimase ammirato, non senza una punta di invidia, della capacità di Grande Sughero di galleggiare compostamente per lungo tempo. Infatti, benché si intuisse che il suo baricentro doveva stare da qualche altra parte, lui rimaneva in perfetto equilibrio instabile, contro ogni legge della fisica. Senza mostrare di far fatica alcuna. Di tanto in tanto anche un po’ dondolante, ma mai fino a scomporsi. Red Loop si sentiva a disagio ad essere osservato dall’alto. Voleva subito dimostrare di essere convenuto a colloquio da pari a pari, e, soprattutto, guardarlo negli occhi senza dover alzare la testa. Quindi, raccolse tutte le sue forze, si accovacciò con goffa eleganza quel tanto necessario ad aggrapparsi saldamente alle stringhe delle scarpe che calzava ed incominciò a tirarsi su. Ma per quanti sforzi facesse, passando per tutta la gamma dei rossi fino al viola, non riusciva a raggiungere l’altezza di Grande Sughero, che per la verità, senza darlo a vedere, si sollevava ogni volta ancora un po’ perché aborriva essere raggiunto da chicchessia.

Falliti tutti i tentativi, Red Loop non voleva piangere per la rabbia davanti ad uno che dal suo punto di vista non gli era certamente superiore. Si trattenne. Rinunciò a sollevarsi. Si giustificò dicendo che aveva mangiato peperoni arrostiti quella mattina inzuppati nel latte. E che per questo si sarebbe comunque adattato a sedersi sulla poltrona da ufficio basculante, pensando tra se e se che sarebbe stato sufficiente spingere all’indietro lo schienale per evitare di dover alzare la testa per guardare in faccia il suo interlocutore. Cosa che gli riuscì non senza qualche sforzo. Tanto che per quasi tutto il tempo del dialogo rimase mezzo coricato, gambe tese per far leva e rosso in volto. Ma per apparire tranquillo e disinvolto, incominciò a giocherellare con un sughero a forma di fungo, di quelli che si usano per tappare le bottiglie di spumante, che aveva rimediato dalla scrivania di Grande Sughero, il quale con malcelata insofferenza ne seguiva attentamente le volute nelle mani del suo ospite.

Comunque, Grande Sughero, che quando pareva a lui, era capace di grande generosità, ebbe compassione di Red Loop messo in imbarazzo dalla sua maldestra performance. Decise, divertendosi in cuor suo, di metterlo a parte del suo grande segreto, spiegandogli come, senza ricorrere alla levitazione a propulsione mistica né alla superconduttività per la levitazione magnetica, egli riuscisse a rimanere sollevato dal pavimento. E soprattutto come avvenne la sua trasformazione da Grande Cozza in Grande Sughero. Red Loop si aggiustò un po’, annusò nuovamente il tappo a pieni polmoni per coglierne la fragranza di spumante con uno strano retrogusto, disponendosi all’ascolto.

“Quando il sughero a fungo della bottiglia di spumante, che avevo raccolto da terra poco prima, durante una festa, come portafortuna, cadde dove proprio non avrebbe dovuto”, esordì Grande Sughero, intuendo di aver azzeccato la curiosità di Red Loop, “non mi rimase null’altro da fare che premere nuovamente il pulsante dello sciacquone per eliminarlo.

L’acqua precipitò fragorosamente a cascata formando potenti vortici. Il sughero scomparve nel risucchio. Ma, passato qualche secondo, riemerse dondolandosi allegramente. E continuò a riemergere nei successivi tentativi di affondamento”. Grande Sughero raccontò come dapprincipio osservasse il ripetersi del fenomeno insofferente e contrariato. Anche perché dietro alla porta del WC chiusa alle sue spalle si stava formando una lunga fila, e il brusio di protesta cresceva sempre più. Ma il sughero tornava sempre lì dentro a galleggiare incurante ed osceno. Grande Sughero più s’incaponiva e più vedeva che il tappo ritornava saltellando per poi lasciarsi cullare dalle onde del piccolissimo maleodorante laghetto. Provocatorio e dispettoso. Almeno questi dovevano essere i sentimenti del sughero: infatti, era l’opinione di Grande Sughero ancora nelle vesti di Grande Cozza, una cosa che si comporta così deve per forza essere una cosa pensante che lo fa apposta. Fuori il brusìo si stava trasformando in rivolta. Ma la cozza del sughero, alias Grande Sughero, era troppo presa per potersene accorgere. Quel sughero ribelle finì con l’affascinarlo. “All’improvviso ebbi come una rivelazione che doveva cambiare il corso della mia vita”, disse con aria esultante a Red Loop, che stava anticipando mentalmente le conclusioni di Grande Sughero immaginando che avesse messo in piedi un sugherificio.

No. La rivelazione che aveva cambiato la vita della cozza del sughero era la scoperta stessa della forza del sughero: “Un sughero si limita a galleggiare! Non fa assolutamente nulla eppure è invincibile!”, si disse, udendo ora i pugni battere furiosamente da dietro la porta. “Allora decisi di recuperare il tappo, ormai abbondantemente ripulito e risciacquato, vincendo la naturale repulsione, e continuai a rimurginare per strada sull’accaduto”, concluse Grande Sughero. Red Loop, abituato ai suoi stessi ragionamenti circolari e avviluppati, non riusciva a seguire quel ragionamento troppo lineare. Si limitò a chiedere: “Era un tappo come questo?”, mostrando il tappo della scrivania dopo averlo annusato percependo un’ambigua fragranza. “Ma è proprio quello in persona!” rispose laconico Grande Sughero. Red Loop per poco non lo fece cadere. Riuscì a malapena a riporre il tappo sulla scrivania con un’espressione di schifo che non poté celare. Tutto preso dal pensiero di andarsi a lavare al più presto le mani fece fatica a seguire il resto del racconto di Grande Sughero, che nella foga della rivelazione era sceso di circa mezzo metro come avesse perso per un istante un po’ della sua leggerezza. Red Loop potè così allentare la tensione sulle gambe e provò un po’ di sollievo. Grande Sughero continuava a raccontare: “Io devo essere un sughero. Anzi io sono un sughero, mi dissi. E da quel momento mi esercitai ad imitarlo”.

“Ma come si fa ad imitare un sughero?”, chiese Red Loop sbalordito, “e poi i sugheri galleggiano su qualcosa di liquido, come l’acqua, la melma. Tu invece ti sollevi come un pallone gonfiato!”. Si accorse, come al solito, troppo tardi delle parole che gli erano scivolate di bocca. Infatti, Grande Sughero rispose piccato: “E’ una questione di pensiero. Quelli che ce l’hanno leggero, il pensiero, possono addirittura sollevarsi, perché diventano più leggeri dell’aria. Invece, quelli che c’hanno il pensiero circolare possono al massimo rotolare per terra. Inutile che tentino di sollevarsi”. Red Loop, che si era sentito colpito nel suo amor proprio, incominciò a organizzarsi per andarsene. Fece appena a tempo a sentire, mentre insisteva a commiatarsi, Grande Sughero che diceva: “Io sono riuscito a rendere il mio pensiero poroso. Per questo sono più leggero dell’aria”.

E dondolante gongolante riprese la sua tipica espressione assente, estraniata ed indifferente.


26/09/07

88- Come Pazz’Esco e Red Loop sgonfiano con ingegno la bolla speculativa generata da un insospettabile affabulatore. Storia di rane e cozze.

A Cozzagrande-di-Là i cozzari del Gran Giurì e le cozze si stavano incartando ciascuno per conto proprio. Era tutta colpa della cozza che si metteva sempre di mezzo, tra i primi e i secondi, quel tal Pazz’Esco. Infatti, questi era talmente incartato di suo, che quando i cozzari una volta e le cozze l’altra si adoperavano per liberarlo dalle carte, vi si trovavano loro stessi sempre più incartati. Ormai era tutto uno stropicciare di carte e non si combinava più niente. C’era chi faceva finta di leggere le carte. Si vedeva che era per finta perché il più delle volte le cozze stavano sottosopra rispetto allo scritto. C’era chi moltiplicava le carte fotocopiandole a più non posso, ottenendo da stropicciature e false pieghe bellissimi effetti in ricche gamme di grigi. Una si era procurata perfino un tritacarte dove infilava malloppi appena rilegati con eleganti dorsetti a spirale. Ed era tutta una frenesia, mentre Pazz’Esco continuava a rilasciare le carte da cui era incartato e con cui si incartavano tutte le cozze che incappavano in lui. Di tanto in tanto arrivava la cozza del bar con vassoi di caffè. E allora era un generale sputacchiare per allontanare, in direzione dell’occhio del vicino, i frammenti di carta che erano capitati copiosi sulle labbra di ognuno. Tutti si fermavano per una breve pausa.

Fu durante una di queste pause che la Cozza-dei-verbali-segretati, come colta da improvvisa ispirazione, chiese un po’ di silenzio. Quando l’ottenne prese a leggere da una delle carte recuperate da terra: “Racconta Esopo che le rane, afflitte per la loro anarchia, inviarono ambasciatori a Zeus per pregarlo di dare loro un re”. Si guardò intorno lusingata dall’attenzione suscitata: “Quello, resosi conto della loro stupidità, fece cadere nello stagno un pezzo di legno. Le rane prima si spaventarono per il tonfo nell’acqua e poi vedendo che quello rimaneva immobile, capito che si trattava soltanto di un pezzo di legno, lo disprezzarono fino al punto che salendovi vi si ponevano sopra. Poiché, però, mal sopportavano di avere un tale re, tornarono da Zeus per chiedergli di cambiarlo, perché colui che aveva inviato era troppo debole. Allora, Zeus, sdegnatosi contro le rane, mandò loro una biscia, da cui dopo essere state catturate venivano mangiate. La favola – lesse la cozza dei verbali segretati sottolineando con voce grave le conclusioni di Esopo – dimostra che è meglio avere capi miti e non malvagi piuttosto che turbolenti e cattivi”.

Terminato il racconto, ci fu un lungo silenzio. Come se avessero capito anche loro, le carte accartocciate rallentarono il loro crepitio. A parte lo stile stentato della traduzione dalla lingua originale di Esopo e a parte la banale conclusione, le cozze incominciarono ad interrogarsi guardandosi negli occhi – ovviamene quelle che non erano impegnate ad estrarvi i frammenti di carta - sul senso di ciò che avevano ascoltato. “Che c’entriamo noi con le rane!”, sbottò forte e chiaro, facendo sobbalzare tutti, Pazz’Esco, mentre si scrollava due cozze di dosso e tirandosi appresso il voluminoso codazzo di carte: “Quelle non sono cozze come noi!”. Nessuno aveva badato alla sua presenza durante il racconto. D’altra parte lui, dando per scontato che la cosa non lo riguardasse per niente, se ne andò a cercare qualche nuovo economics da vantare davanti al Gran Giurì dei Cozzari e nelle assemblee delle cozze che convocava a cuor leggero. Era solito farsi suggerire gli economics dalle cozze di altrove che incrociava per caso lungo il percorso. Questo garantiva grande originalità ai dati, che così potevano essere annunciati con grande enfasi.

Ad ogni buon conto, la Cozza-dai-facili-rendiconti calcolò che un eventuale mangiatore di cozze ci avrebbe messo mesi a decimare la popolazione di Cozzagrande. L’indigestione che si sarebbe procurato fin dalla prima cozza sarebbe potuta risultare esiziale. Tuttavia qualcuno sarebbe sopravvissuto. “E Cozzagrande sarebbe rinata ancora una volta e sarebbe stata più bella e grande che pria”, l’interruppe la Cozza-di-lungo-corso ansiosa di deviare su un lietofine standardizzato.

Ma a chi corrispondeva il re travicello? E chi era Zeus? E chi era la biscia? Prendeva origine da questi semplici interrogativi la bolla speculativa delle scommesse su chi fossero i referenti reali della metafora delle rane e del loro re malvagio.

Alcune cozze, a proposito del re travicello, sostenevano che si trattasse senza ombra di dubbio di Pazz’Esco. Infatti da quando era arrivato lui a Cozzagrande c’era l’anarchia con l’A cerchiata maiuscola. Ma altre cozze propendevano per la tesi che Pazz’Esco fosse piuttosto il re biscia. Solo che nella confusione delle sue idee, aveva preso a divorare per prima i cozzari e prima di tutto il loro capo Fuoc’Amico, anziché le cozze ansiose di essere comandate. E Fuoc’Amico doveva essere invece Zeus in terra di Cozzagrande. Nient’affatto, contestavano altre cozze: Fuoc’Amico era re travicello. Figurarsi che doveva essere la biscia che lo avrebbe dovuto sostituire! E Zeus che manda travicelli e bisce doveva essere allora ToutanCàmen. Oppure. Fuoc’Amico corrispondeva al re biscia, che aveva preso a divorare prima Pazz’Esco e poi avrebbe fatto lo stesso con il resto delle cozze. Ma poi qualcuno incominciò a sostenere che re travicello non era altri che ToutànCamen in persona. Mandato da chi? E poi incominciarono a circolare a proposito e a sproposito i nomi di Grande Sughero, della Cozza-della-chiave-dell’acqua e altri.

E così la bolla speculativa delle scommesse su chi fosse l’uno o l’altro dei personaggi della favola continuava a gonfiarsi, gonfiarsi... E qualcuno incominciava a fare i margini suoi vendendo informazioni riservate agli scommettitori. Insomma meglio sarebbe stato se la Cozza-dei-verbali-segretati avesse subito riaccartocciato il foglio con la favola senza mettersi a leggerla. “Leggi la favola a ritroso, dall’ultima alla prima parola e dall’ultima alla prima lettera”, tagliò corto Pazz’Esco, accorso dopo essere stato sommariamente edotto e dopo aver consultato per telefono Reed Loop. “Questo – era la spiegazione congiunta dei Due – riporterà tutto indietro e le cose ritorneranno come prima. Come niente fosse stato!”.

Qualcuno pensò ad una sottile vendetta di Pazz’Esco perché nessuno aveva voluto accettare le sue scommesse, per paura di rimetterci anche la posta. Infatti in caso di pagamento, Pazz’Esco era solito ritrarsi. Comunque, con la lettura al rovescio ci fu il grande puf della bolla speculativa. E fu un gran danno per molte cozze, che ancora di più pensarono che Pazz’Esco era la biscia.

02/08/07

84.- Ostinata resistenza della Cozza-di-lungo-corso a cambiare loculo. Insidie dell’organigramma mobile a loculi. Pazz’Esco rimane incastrato.


Il posizionamento nello scacchiere internazionale fu studiato con grande dovizia di dati. L’analisi delle dinamiche geopolitiche e il flusso dei grandi capitali finanziari produssero seicento pagine di schemi e grafici esaltanti che rafforzarono la convinzione di Pazz’Esco che - una volta escluse le regioni del mondo sconsigliate dal ministero degli esteri per via delle guerre e altri disastri - “basterà spostare di un posto nell’organigramma a loculi la Cozza-di-lungo-corso e il dieci per cento del mercato sarà nostro”. Il ragionamento di Pazz’Esco non faceva una piega. Anche le cozze di lungo e medio corso, per un istante si entusiasmarono immaginandosi, alla stregua di salmoni, la dura risalita controcorrente contro ogni logica per la conquista dei mercati globali. La Cozza-dai-facili-rendiconti calcolò che Cozzagrande sarebbe stata nell’arco del millennio in corso la settima potenza economica del globo. Ma non ricordava più per quale tipo di prodotto a mercato avesse fatto i calcoli, avendo malauguratamente cancellato il foglio elettronico, su cui li aveva faticosamente elaborati, con un clik del mouse sfuggitogli nel momento di massima esaltazione. Tutti sembravano pronti per la grande avventura. Sennonché la Cozza-di-lungo-corso, che in questi frangenti si scoprì più cuor di cozza che cuor di salmone, non ne voleva sapere per nulla di spostarsi dal suo loculo. “Non vedo il nesso”, si giustificava arrampicandosi sugli specchi, e poi, rivolgendosi alle cozze vicine, con l’aria di chi ha ormai vissuto tutto quello che c’era da vivere a Cozzagrande anche per i secoli a venire, aggiungeva: “Conosco bene le insidie dell’organigramma a loculi specialmente nella variante mobile”. Ma di che si trattava? Gli organigrammi sono quegli schemi fatti di tante caselle che rappresentano le varie funzioni di una organizzazione collegate tra loro da lineette che indicano la dipendenza gerarchica, dal capo fino all’ultimo dipendente. Pazz’Esco era euforico mentre presentava il suo organigramma per organizzare gerarchicamente tutta la comunità di Cozzagrande. Ogni cozza dentro un riquadro con un capo sulla testa e uno o più dipendenti nei riquadri collegati in giù sviluppando tante ramificazioni fino all’ultima che spegne la luce. Fu subito chiamato “organigramma a loculi” sia per la forza evocativa dell’inelegante disegno sia per i pensieri cupi che suscitava in molti che si vedevano oppressi da una pletora di capi.

Ma l’organigramma di Pazz’Esco era unico nel suo genere. Era infatti in continuo cambiamento. Niente stava fermo. Né le caselle-loculo né le lineette di collegamento. C’erano loculi che continuavano a scendere e risalire lungo l’organigramma come yo-yo; c’era un loculo che continuava a scomparire per ricomparire da un’altra parte cambiando d’incanto il suo posto nella gerarchia; altri loculi si collegavano e scollegavano a seconda di chi li osservava. La disposizione finale la conosceva soltanto Pazz’Esco. Neanche Fuoc’Amico era stato messo a parte del segreto e per questo non si risolveva a dare il mandato per la sua applicazione al popolo di Cozzagrande. A nulla valevano gli appelli della cozza della qualità perché fosse rispettato il gran libro della qualità. Per tutta risposta Pazz’Esco inventò il gioco dei tre loculi, che diventavano quattro, poi cinque o di meno senza nessuna regola. Non ebbe seguito.

La Cozza-di-lungo-corso, che sapeva il fatto suo, diceva che ci sono loculi anche ben presentati, a cui, appena quello che ci viene messo dentro si distrae, vengono cambiate le linee di dipendenza e così si trova spostato da tutt’altra parte, fino a ritrovarsi isolato in mezzo ad amene praterie. Spiegava anche che alcuni loculi vengono murati. E chi c’è c’è. Tutta la sua lunga permanenza in Cozzagrande gli diceva che certi spostamenti da un loculo noto ad un altro non noto non portavano mai niente di buono alla cozza residente. Intanto nel popolo di Cozzagrande cresceva l’indignazione, ma non vi fu neanche il tempo di elaborare una strategia di difesa: Pazz’Esco era rimasto incastrato nell’albero delle decisioni del Gran Giurì, che era fatto di due rami, quello del “non ci conviene prendere una decisione oggi, se possiamo trovare il modo di rimandarla a domani” e l’altro del “decidiamo dopo aver guardato le carte”, ma erano incomplete.

22/06/07

83.- Pubblicato il verbale segretato del GGdCdC. Rivelati gli imbarazzanti contenuti della riunione tenuta per errore in sede non appropriata (v.82).

Verbale del Gran Giurì dei Cozzari di Cozzagrande (GGdCdC)


Il GGdCdC (Gran Giurì dei Cozzari di Cozzagrande),

- Sentita la relazione di Fuoc’Amico;

- Affermato che la frase di dopo è veritiera;

- Affermato che la frase di prima è falsa;

- Lasciato a chi legge decidere quale sia la frase veritiera;

- Dopo una lunga ed animatissima chiacchierata del più e del meno, nel corso della quale Red Loop si esibisce in una performance di levitazione; Pazz’Esco gli ostenta la sua fedeltà aggrappandosi alla di lui giacca ottenendo un imbarazzante effetto-ricaduta; il Cozzaro delegato agli Esteri riceve una telefonata dalla Cina in merito, pare, alla questione della paventata clonazione di due cozzari andati in quel grande Paese con la opportuna missione di contare i cinesi; un cozzaro, non meglio identificato per via della nuvola di fumo che lo avvolge, centra con consumata destrezza il cartello ‘Vietato Fumare’ con un perfetto cerchio di fumo; inoltre altri due cozzari combinano un appuntamento tralasciando l’indicazione del luogo e dell’ora per una cosa loro; un sesto cozzaro ostenta un’impellenza fisiologica e si allontana di corsa facendo perdere le sue tracce; Fuoc’Amico tenta una disperata mediazione complicata dall’assenza di qualcosa da mediare, ma sostenendo con veemenza che tutti hanno ragione, perché la ragione e il torto non si possono tagliare con il coltello, il quale ultimo sarebbe peraltro molto più utile per altri usi;

- Avendo ormai da tempo perso di vista l’oggetto della decisione;

- Essendo già trascorsa la durata ragionevole di una riunione;

- Assicuratisi che la cozza dai facili rendiconti in veste di assistente al verbalizzante continui ad essere impegnato a risolvere i giochini sul suo telefonino;

All’unanimità

Delibera

a) di decidere di decidere un’altra volta;

b) di incaricare Pazz’Esco ad impegnare la struttura operativa a ritrovare l’oggetto perso di vista di cui sopra;

c) di esprimere una nota di censura sull’episodio della piece teatrale carpita proditoriamente;

d) di segretare il verbale e gli eventi cui si fa riferimento al punto c).